Una generazione reclusa: gli effetti della DaD su noi giovani
- Il Napoletano Espanso
- 8 apr 2021
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 9 nov 2023
di Gabriele Prezioso

Irritabilità, disturbi del sonno e attacchi d’ansia. Sono solo alcune tra le manifestazioni somatiche e comportamentali del disagio psicologico sofferto da bambini e adolescenti italiani durante le restrizioni da “zona rossa”. Perché, se gli anziani sono tra i più colpiti dagli effetti diretti di Sars-Cov2, noi giovani risultiamo essere le maggiori vittime delle misure anti-contagio. Divieti ed isolamento forzato costituiscono un freno alla nostra naturale ricerca dell’esperienza ed al nostro legittimo desiderio di socialità, ed il protrarsi degli stessi per un arco temporale tanto lungo rischia di compromettere uno sviluppo completo della personalità, che passi per la cosiddetta “ribellione giovanile” e prescinda dal gruppo dei pari quale modello di riferimento di primario rilievo per la ricerca e la formazione dell’identità. Per altro, l'impossibilità di uscire di casa per ragioni diverse da quelle di estrema necessità e di frequentare spazi all’aperto ci ha anche costretto per mesi ad uno stile di vita poco attivo e sostanzialmente sedentario, dannoso per la salute fisica e rischioso per quella psicologica. I rapporti di amicizia e tra compagni di classe, sport o gioco non sono più gli stessi e la distanza sociale ci ha inevitabilmente condotto a una più dolorosa lontananza emotiva. Il conseguente ricorso, con frequenza sempre maggiore, a metodi comunicativi per via informatica, servizi di messaggistica on-line e social network ha finito, così, per banalizzare le relazioni interumane, privandole dell’emotività derivante dalla loro componente “non verbale”, che costituisce il 90% della comunicazione. Sulle piattaforme sopra citate, si sono, piuttosto, moltiplicati i casi di uso scorretto o illecito della rete ed i fenomeni di cyberbullismo che, nel tempo della quarantena, hanno visto un aumento del 49%. A questo quadro, sì è aggiunta, poi, la chiusura delle scuole, che ha significato per noi un ulteriore e duro sforzo psichico: rinunciare alla seconda “agenzia di socializzazione”, nonché ad uno dei luoghi più frequentati ed emblematici della crescita culturale e psico-fisica delle nuove generazioni. La “didattica a distanza”, quale metodo di apprendimento da remoto, sì è rivelata scarsamente efficace (se non anche controproducente) ed estremamente fallace per molteplici aspetti:
in primo luogo, la natura distrattiva degli strumenti tecnologici e dei servizi comunicativi in rete, unita alle difficoltà già note di attenzione e visione prolungata degli schermi, non favorisce un corretto apprendimento e non permette una vera comunicazione dei valori e della cultura scolastica;
in seguito, l’esposizione prolungata agli schermi potrebbe, al contrario, contribuire a determinare esiti sulla salute dei giovani a medio-lungo termine (rischio di miopia adattiva, insonnia, difficoltà di concentrazione e così via);
infine, l'obiettivo di contenimento della ‘dispersione scolastica’ attraverso la DaD è anch’esso miseramente fallito e, in molte realtà familiari critiche, la fine della scuola in presenza ha coinciso con l’inizio di una vita lontana dall’istruzione (e, purtroppo, non sempre migliore) per molti nostri coetanei.
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