Un gesto estremo: un tragico omicidio.
- Anna Maria Siano
- 11 nov 2024
- Tempo di lettura: 3 min

“Niente è sicuro fuorché la morte” decreta Seneca.
Ogni film ha il suo finale e ogni azione giunge, a un certo punto, al termine. Un termine che può definirsi irruento, sanguinoso e decisamente terribile. Molte volte, nel consuetudinario circolo della vita, il finale tende a delinearsi come effimero, sterile ed infimo. È questo il caso di Candido Montini, 76enne ex sindaco di Garzeno e gestore di un consorzio di alimentari del paese.
Il 24 settembre viene ritrovato il corpo del pensionato, nella sua dimora nella frazione Catasco, a Garzeno, privo di vita. L’autopsia evidenzia molto chiaramente che la causa della morte è stata una successione di 28 coltellate, in particolare, una al collo che potrebbe essere stata quella decisiva. La scena del crimine è abbastanza chiara: il signor Montini è ritrovato steso sul pavimento accanto al divano, a piedi nudi e in evidente tenuta casalinga. Ciò che sfugge all’artefice del delitto sono delle tracce di DNA, in particolar modo di sangue, venute alla luce sulla ringhiera esterna della casa, grazie all’intervento dei Ris di Parma. Per giorni si indaga sul possibile colpevole, ci si chiede chi possa mai essere arrivato a tanto.
Gli abitanti del paesino, animato da solo 110 abitanti, scommettono su un forestiero e si offrono volontari per un test del DNA. Alla fine, dopo tempi di silenzio e di continue indagini, si trova un sospettato. Si tratta di un minorenne, affiliato ad alcuni giri non ben visti all’interno del paese, che giorni prima aveva chiesto alla vittima il cambio di 300 euro con pezzi da 50. Candido Montini, accortosi delle banconote false, non si limita a rifiutare, ma decide anche di avvisare gli altri abitanti del paese, mettendoli in guardia dal ragazzo.
Ciò porta a un violento screzio tra i due e si ipotizza che il giovane, il giorno seguente, si sia introdotto nell’abitazione dell’ex sindaco per rapinarlo e che, nell’agitazione, lo abbia alla fine assalito e condotto alla morte. All’inizio il 17enne si dichiara estraneo ai fatti, sostenuto dalla testimonianza della nonna la quale afferma espressamente che il giovane era a lezione di scuola guida e quindi non avrebbe potuto rendersi responsabile del crimine. Il sospettato viene alla fine arrestato e dopo pochi giorni di permanenza presso il carcere minorile Beccaria, si confessa colpevole.
Ad esprimersi in merito alla vicenda è il presidente del Tribunale di minori di Milano, Maria Carla Gatto, che evidenzia come questa sia una delle tante vicende con protagonista un minorenne inserito all’interno del contesto sociale. Ciò che fa riflettere è come, al giorno d’oggi, questo sia solo uno dei tanti casi che coinvolgono minorenni violenti e iracondi che ,spinti da moventi diversi, si macchiano di crimini sanguinosi come l’omicidio. Ciò fa sorgere una riflessione e una critica sulla società attuale.
Ci spinge a chiederci cosa c’è di sbagliato nel contesto odierno, magari nelle istituzioni o nella memoria collettiva dei social e mezzi di comunicazione, che induca questi ragazzi a covare un odio logorante e disperato. Cosa c’è di sbagliato o difettoso nella società odierna e nei rapporti interpersonali ? Il ragazzo è ancora oggi in custodia cautelare per omicidio volontario e rapina nel carcere e il paese è ancora sconvolto dalla perdita di un membro così attivo e benvoluto all’interno della comunità. Ci si augura e spera che episodi del genere siano unici e non frequenti come oggi accade.
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