Tensione Israele Hamas: non c'è più tempo da perdere
- Il Napoletano Espanso
- 30 ott 2023
- Tempo di lettura: 4 min
Aggiornamento: 28 nov 2023
di Bruno Stampa

Spirano forti venti di guerra in Medio Oriente. All' interno di uno scenario geopolitico globale devastato da conflitti come quello in Ucraina che ha subito una sostanziosa escalation il 24 febbraio 2022 in seguito all'invasione russa su larga scala, e da situazioni sociali pesanti come quella in Iran con le manifestazioni contro il regime di Teheran dell’ultimo anno, in questi giorni le preoccupazioni di tutto il mondo si sono concentrate come accaduto poche volte sulla questione palestinese.
La mattinata del 7 ottobre 2023 rappresenta, indubbiamente, un turning point nella storia di una situazione che da tanti anni va trascinandosi e ha portato ad una contrapposizione sempre più netta non solo tra istituzioni politiche da sempre poco inclini al dialogo ma anche, se non soprattutto, tra gli stessi civili appartenenti alle due comunità, come sempre le reali vittime quando si verificano situazioni di questo tipo.
L'operazione architettata da Hamas e che ha portato al lancio di migliaia di razzi dalla Striscia di Gaza ha causato ad oggi la morte di oltre 1400 israeliani e più di 3000 feriti. Ma qual è la reale natura di Hamas e come si è arrivati a questa escalation?
L'operazione ha tra i principali artefici Mohammed Deif, comandante delle Brigate Ezzedin Al - Qassam che costituiscono il braccio armato di Hamas. Hamas, ritenuta dall' Occidente e non solo una vera e propria organizzazione terroristica a causa dei numerosi attentati terroristici compiuti contro civili e militari israeliani, nasce nel 1987 da una costola del movimento politico - religioso della Fratellanza Musulmana e si pone un obiettivo preciso: liberare la Palestina dalla presenza israeliana con l' intento di costruirvi uno stato islamico e arriva ad ottenere una posizione apicale nella società palestinese quando, nel gennaio del 2006, contro qualsiasi previsione vince le elezioni per il rinnovo del parlamento dell' ANP (Autorità Nazionale della Palestina). La questione palestinese è decisamente intricata e va sviscerata su due fronti diversi che vanno ad intersecarsi.
Da una parte c'è l’aspetto meramente geografico che indica la Palestina come territorio limitato ad Ovest dal Mar Mediterraneo, a Nord dallo Stato del Libano e dall' Anti-Libano, catena montuosa che precede il Monte Libano, ad est da Siria e Giordania oltre che dal Mar Morto e a Sud da Egitto e Mar Rosso. Secondo e più importante aspetto è quello storico - antropico ed è qui che si accumulano le vicissitudini politiche che hanno messo al centro e continuano a tormentare il territorio facendo male in primis ai civili palestinesi.
La regione palestinese, infatti, pur non disponendo di un'organizzazione statuale tipica, rivendica la sua sovranità sulla Striscia di Gaza e la Cisgiordania, occupate militarmente ormai da più di un secolo, in particolare dallo Stato di Israele a partire dal 1967, dopo la Guerra dei sei giorni che portò Israele ad imporsi su Egitto, Giordania e Siria, in uno dei tanti episodi del decennale conflitto arabo israeliano che può nuovamente esplodere in queste settimane.
Tuttavia, Israele si è limitata al controllo militare delle zone già citate, con la sola annessione unilaterale della parte orientale di Gerusalemme, approvata dal Parlamento israeliano nel 1980 ma mai riconosciuta dal consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Ad oggi formalmente la Palestina è uno stato a riconoscimento limitato presso le nazioni Unite dov'è rappresentata dall' OLP (organizzazione per la liberazione della Palestina), grazie ad una risoluzione approvata il 29 novembre 2012.
Chiaramente, si tratta di una magra consolazione per una comunità martoriata da decenni di occupazione militare e da un sistema di apartheid, certificato all' interno di un lungo rapporto di Amnesty International, che ha avuto tra le conseguenze l'insediamento, sia all' interno della striscia di Gaza sia in Cisgiordania, di vere e proprie colonie Israeliane.
Nonostante siano considerati illegali dal diritto internazionale, si registrano più di 100 insediamenti in Cisgiordania per un totale di oltre 450 mila coloni ai quali bisogna aggiungere i 220 mila nell' est di Gerusalemme, operazione tra l'altro sostenuta da tutti i governi che si sono succeduti in Israele, in particolare una crescita significativa è stata evidenziata sotto l'ultimo governo di Benjamin Netanyahu, nominato a fine 2022.
Allo stesso tempo la manifestazione del potere da parte di Hamas presso la Striscia di Gaza, in seguito agli esiti elettorali del 2006, si è rivelata durissima, visto che è stata instaurata una dittatura e non si va al voto da 17 anni. Anche in questa area i numeri sono agghiaccianti. Un abitante su due è disoccupato e dei due milioni di persone che la popolano, il 70% vive sotto lo status di rifugiato, vedendo negati diritti fondamentali, anche a causa della scelta di Israele di chiudere qualsiasi valico di frontiera e accesso via mare e aereo, proprio per la minaccia rappresentata da Hamas che, evidentemente, con attentati come quello dello scorso 7 ottobre al rave di Reim in cui 250 civili innocenti hanno perso la vita in un modo che lascia sbigottiti, non fa certo il bene della causa palestinese.
Non bisogna infatti dimenticare lo statuto originario di Hamas che, coerentemente al suo fondamentalismo islamista e antisemita prevedeva, almeno fino al 2017, l'eliminazione dello stato israeliano, l'unica democrazia compiuta di quella parte di mondo che in questi giorni ci sta tenendo con il fiato sospeso. Siamo di fronte ad un momento probabilmente decisivo di questa lunga diatriba, che vede coinvolto in prima fila per esempio anche l'Iran, con Libano e Siria, alleati strategici di Hamas sin dai suoi primi passi. La sensazione è che ci si dovrà muovere con estrema cautela, eppure la controffensiva israeliana non è ancora entrata nella fase più calda, nonostante il ministero della salute di Gaza abbia già comunicato 3500 morti e oltre 12 mila feriti.
Alle democrazie occidentali il duro compito di trovare il giusto equilibrio tra la condanna inequivocabile alle scelleratezze di cui si è resa protagonista Hamas, che non può certo mettere in discussione con il sacrosanto diritto ad esistere di Israele, e le ragioni, rimaste a lungo ciecamente ignorate, del popolo palestinese, che a Gaza è ormai allo stremo, in condizioni igienico - sanitare estremamente scadenti, senz' acqua e corrente elettrica.
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