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Supercoppa Italiana: Pro e contro di una competizione in cambiamento



È del Milan la Supercoppa italiana. Vince la squadra che aveva meno possibilità di alzare il trofeo al cielo e lo fa battendo prima la Juventus, squadra allora ancora imbattuta in Campionato, e poi i rivali di sempre dell’Inter, in una finale rocambolesca destinata a rimanere nella storia della competizione. Vince Conceinçao, allenatore arrivato il 30 dicembre e lanciato in panchina 3 giorni dopo, in Arabia Saudita e contro la squadra più titolata d’Italia, quella in cui gioca suo figlio Francisco.


Ma fino a quanto si può parlare di calcio, fino a quanto si può commentare ciò che succede in campo senza prestare attenzione a tutto ciò che avviene intorno a questa strana competizione?


La Supercoppa italiana nasce nel 1988 come partita che mette di fronte la vincitrice della Serie A e quella della Coppa Italia, sostituita dalla finalista perdente nel caso in cui la stessa squadra dovesse aver vinto entrambe le competizioni. Già a partire dal 2009, questa competizione si giocava quasi esclusivamente all’estero e, dopo qualche anno in Cina, la meta preferita dalla Lega era diventata la penisola araba, in particolare Qatar e Arabia Saudita.

In occasione della scorsa edizione, però, la FIGC ha inserito una modifica nell’organizzazione del torneo, che ne ha cambiato radicalmente lo svolgimento. Per aumentare, infatti, la visibilità della competizione, si è passati dalle tradizionali due squadre a quattro, prima e seconda della Serie A e finaliste di Coppa Italia.


Nonostante l’aumento del numero di partite e un’organizzazione che concede maggior lustro alla Supercoppa, da sempre poco considerata dagli appassionati italiani, questa modifica ha dato inizio a non poche polemiche, portate avanti sia dai tifosi, sia dagli stessi opinionisti e telecronisti impegnati nel commento delle partite.


Prima, però, di arrivare a conclusioni affrettate, è bene considerare e valutare quali siano gli aspetti positivi e quali quelli negativi di questo nuovo format.


Proficuo è, sicuramente, il fatto che la Supercoppa, prima decisa in un solo match di mercoledì sera, ha guadagnato maggiore visibilità, diventando sempre più centrale nel panorama calcistico italiano. Altro aspetto da apprezzare è il tentativo di rendere questa competizione più spettacolare e concitata. La sfida secca tra quattro squadre, sulla carta le migliori in Italia, rappresenta un’occasione da non perdere per ogni appassionato di sport nel nostro Paese.


Importante è, inoltre, considerare che questo torneo, pieno fino all’orlo di sponsor, presentato come merce televisiva per i tifosi italiani che non possono vederlo da vicino e disputato in Arabia Saudita, Paese ricchissimo che sta investendo molto sul calcio, sta fruttando milioni e milioni alle squadre partecipanti, più del doppio della cifra guadagnata nel 2022-2023, ultima stagione con il vecchio format.


Non è, però, tutto rose e fiori: a fronte di queste note positive, ce ne sono alcune meno belle, rimarcate più volte nelle ultime settimane da telecronisti e giornalisti, di cui tenere conto per una riflessione completa.

Il problema sicuramente più evidente di questa modifica è l’aggiunta di un ulteriore impegno nei calendari, già fittissimi, dei top club italiani, già alle prese con Serie A, Coppa Italia e Coppe Europee, delle quali abbiamo visto il recente ampliamento, con l’aggiunta di due giornate nell’ambito della prima fase.


La partenza delle squadre per l’Arabia Saudita, inoltre, costringe la Lega a rimandare alcune partite di Campionato, non consentendone, secondo molti, il regolare svolgimento.


La scelta, inoltre, di disputare il torneo nei Paesi arabi costituisce un’ulteriore prova della direzione intrapresa, ormai in modo sempre più evidente, dal mondo del calcio negli ultimi anni: i soldi costituiscono la priorità, a discapito, il più delle volte, del calore dei tifosi. Pochissimi, infatti, sono i supporters che hanno la possibilità di compiere un viaggio così dispendioso ed impegnativo per seguire la propria squadra del cuore.


La conseguenza di questa scelta è visibile anche solo guardando uno spezzone di una delle tre partite della competizione: stadi vuoti o, peggio ancora, riempiti di figuranti, spettatori pagati per assistere a match di cui si interessano molto poco.


C’è, poi, il fenomeno dello sportswashing: alcuni Stati sfruttano le manifestazioni sportive per migliorare la propria immagine agli occhi del mondo. L’Arabia Saudita, sicuramente non al primo posto per diritti umani garantiti, ha deciso, sull’onda di questo fenomeno, di candidarsi all’organizzazione di molte delle manifestazioni più importanti del calendario sportivo.

È questo il messaggio inclusivo che da molti anni cerca di trasmettere la FIGC?


Ben venga, quindi, il tentativo di restituire importanza ad una competizione che da sempre interessa poco agli appassionati italiani, ma questo non sia l’ennesima scusa per velocizzare il processo di mercificazione del calcio, che sta impoverendo uno sport che da sempre ha come caratteristica peculiare il calore e il supporto dei tifosi. E tu, cosa ne pensi? Dicci la tua?!

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