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Società patriarcale: come la donna è influenzata dal maschilismo

Aggiornamento: 4 feb 2023

di Mariasophie Boccalone


/ma-schi-lì-smo/ è ormai una parola tanto udita. Si tratta della forma mentis secondo la quale l'uomo sia superiore alla donna, un'oggetto, uno strumento, un corpo senz'anima, senza coscienza.


Dal momento che ciò accade frequentemente, spesso arrivando alla violenza (le donne, solo nel 2021, rappresentano il 40% degli omicidi in Italia, 60 le donne uccise dal partner o dall'ex, 87 quelle assassinate in ambito familiare-affettivo) diviene d'obbligo porsi un interrogativo: Da cosa deriva la subordinazione della donna rispetto all'uomo?


Dunque, se è vero che spesso il maschilismo equivale a casi isolati della comunità è anche, e soprattutto, vero che sia la società in cui oggi si vive ad influenzare la “forma mentis” precedentemente descritta. Si tratta, infatti, di una società patriarcale, che suggestiona la volontà e la libertà dell'individuo femminile.


Ad esempio, come spiega in maniera chiara e concisa la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie nel suo saggio edito da Einaudi “Dovremmo essere tutti femministi”, è spesso la donna che, inconsapevolmente, non riesce ad aprire gli occhi e a ragionare diversamente. L'autrice scrive: “Prendiamo l'esempio della cucina. Oggi è più probabile che siano le donne a sbrigare le faccende di casa: cucinare e pulire. Ma qual è il motivo? È perché le donne nascono con il gene della cucina o perché anni di socializzazione le hanno portate a credere che cucinare spetti a loro? [...] Eppure quasi tutti i cuochi famosi del mondo sono uomini” Scrive anche riguardo a come l'educazione sia imprescindibilmente diversa dal punto di vista interiore, metafisico: Facciamo un grave torto ai maschi educandoli come li educhiamo. [...] Insegniamo loro ad aver paura della paura, della debolezza, della vulnerabilità, a mascherare chi sono davvero, rendendoli estremamente fragili. [...] Invece ci si aspetta che io, in quanto donna, faccia le mie scelte di vita tenendo sempre a mente che il matrimonio sia la cosa più importante. Ma perché alle femmine insegniamo a desiderare il matrimonio e ai maschi no?”


Nel saggio è, dunque, racchiusa la sintesi di come la donna sia condizionata del fatto che, secondo la società, è inferiore all'uomo.


La parola “Società” ci fa però pensare a qualcosa che si protrae nel tempo, a qualcosa di tutt'altro che recente. Infatti, già nella mentalità degli antichi Greci, la donna non era adatta alla vita politico-sociale, bensì era consacrata alla vita domestica. Secondo il filosofo greco Aristotele la donna era una creatura passiva persino nella riproduzione, poiché rivestiva il “semplice” ruolo di incubatrice del seme maschile. Ancora, nella mitologia biblica le donne furono rappresentate come la causa di tutti i mali dell'uomo (mito di Lilith). In seguito, la cultura illuminista, sebbene basata su principi di uguaglianza e libertà, riconosceva la figura femminile come “priva di razionalità”.


Tutto ciò ci porta, dunque, a pensare che, se da un lato ci si sta impegnando per promuovere la donna nella cultura odierna mediante l'uguaglianza dei diritti, dall'altro non si è abbastanza consapevoli per portare allo stesso livello quella che è l'uguaglianza dei fatti (rappresentazione della donna nei giochi dei bambini, nella lingua, dei modi di dire, nei proverbi eccetera)


La scrittrice conclude con una frase che può farci riflettere: “Io vorrei che tutti cominciassimo a sognare e progettare un mondo diverso. Un mondo più giusto. Un mondo di uomini e donne più felici e più fedeli a sé stessi”.

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