Questione cittadinanza: l’Italia è già cambiata, ora cambiamo la legge!
- Rosa Falco
- 25 ott 2024
- Tempo di lettura: 3 min

In Italia, il dibattito sulla cittadinanza ha assunto un ruolo centrale negli ultimi anni. La legislazione italiana resta fortemente ancorata al concetto di “ius sanguinis” tuttavia le richieste di una riforma che includa nuove forme di acquisizione, come lo ius soli e lo ius scholae, sono sempre più forti.
L’Italia si basa, storicamente, sul principio dello “ius sanguinis”, secondo il quale un individuo può ottenere la cittadinanza se almeno uno dei genitori è cittadino italiano. Questo principio riflette una concezione etnica e familiare della cittadinanza, legata alla discendenza.
Ciò significa che i bambini nati in Italia da genitori stranieri non acquisiscono automaticamente la cittadinanza italiana. Per questi bambini è possibili ottenere la cittadinanza solo a compimento dei 18 anni, dovendo far richiesta entro il compimento dei 19 anni, a condizione che abbiano vissuto ininterrottamente nel Paese. Anche per gli immigrati adulti la procedura di naturalizzazione richiede generalmente dieci anni di residenza legale.
Lo ius soli è stato al centro del dibattito pubblico italiano da molti anni. La proposta di uno “ius soli temperato” prevederebbe che un bambino nato in Italia da genitori stranieri possa ottenere la cittadinanza se almeno uno dei genitori è residente legalmente e stabilmente da un certo numero di anni. Tuttavia, ha incontrato forti resistenze politiche da parte di partiti conservatori che vedono lo ius soli come una minaccia all’identità nazionale.
Una proposta intermedia è rappresentata dallo ius scholae, che prevede la possibilità di acquisire la cittadinanza per i minori stranieri che hanno completato un ciclo scolastico in Italia, solitamente di almeno cinque anni. Questa misura ha trovato consensi trasversali, ma anche qui le divisioni politiche hanno rallentato l’approvazione definitiva. Nell’ultimo periodo, alcuni movimenti e associazioni hanno proposto di sottoporre la questione della cittadinanza a un referendum popolare. Il quesito del referendum è riferito all’articolo 9 della legge sulla cittadinanza, la numero 91/1992, che si basa sul “diritto di sangue”.
Cosa chiede quindi il Referendum? Viene proposto di dimezzare da 10 a 5 gli anni di residenza legale in Italia richiesti per poter avanzare la domanda di cittadinanza italiana che sarebbe poi automaticamente trasmessa ai propri figli e alle proprie figlie minorenni. Restano invariati gli altri requisiti richiesti, quale ad esempio la conoscenza della lingua italiana.
Secondo le stime, la modifica dei termini per richiedere la cittadinanza italiana riguarderebbe 2,5 milioni di persone. Il 24 settembre è stato raggiunto il quorum, attualmente le firme sono in forte aumento. A febbraio è previsto il vaglio della Corte costituzionale sull’ammissibilità. Il possibile voto a primavera.
Se si guarda al panorama europeo, si nota come molti Paesi abbiano già adottato politiche di cittadinanza più inclusive rispetto all’Italia. La Francia, ad esempio, applica un modello di ius soli misto, la Germania ha introdotto elementi di ius soli per i bambini nati da genitori stranieri residenti legalmente e stabilmente, in Spagna esistono meccanismi che facilitano l’acquisizione della cittadinanza per i nati sul territorio. In generale molti Paesi europei hanno scelto di combinare i principi di ius soli e ius sanguinis per rispondere alle sfide poste dalla globalizzazione e dai flussi migratori. Il confronto con il resto d’Europa sottolinea come un’evoluzione legislativa sia non solo possibile ma necessaria
Lo ius sanguinis rimane un principio centrale nella legge italiana sulla cittadinanza, sostenuto dalla forte connessione con la diaspora italiana. Tuttavia, il sistema non è immune da critiche, soprattutto in un contesto in cui cresce la popolazione di minori nati da genitori stranieri in Italia e si sviluppa il dibattito sul come adattare le leggi di cittadinanza alle nuove realtà sociali del paese.
Il dibattito sulla cittadinanza riflette le profonde divisioni politiche e culturali in Italia riguardo all’immigrazione e all’integrazione. Mentre la sinistra e il centro-sinistra sostengono riforme che facilitino l’accesso alla cittadinanza per chi nasce o cresce in Italia, la destra è fermamente contraria, difendendo un approccio più restrittivo e legato a criteri di discendenza e integrazione prolungata.
Solo il tempo dirà se l’Italia sarà in grado di superare queste divisioni e adottare una riforma che favorisca una maggiore inclusività.
E tu, cosa ne pensi? Dicci la tua!
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