Pnrr farsa: ecco perché non colmerà il divario
- Il Napoletano Espanso
- 1 lug 2022
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 24 set 2024
di Andrea Mastroberti

“Il divario fra Nord e Sud sarà colmato solo nel 2020” recitava uno dei titoli del Corriere della Sera del 13 settembre 1972. Era la previsione elaborata per l’allora Ministero del Bilancio che immaginava un’Italia diversa cinquant’anni dopo. Da allora la questione meridionale è sempre stata nelle parole di tanti, ma nei progetti di pochi. A dimostrarlo è il rapporto Svimez 2019 che testimonia il progressivo disinvestimento della politica economica nazionale nel Meridione, evidenziando come, a dispetto di ciò che si potrebbe pensare, il livello di spesa pro capite al Sud sia inferiore che nel resto del Paese. Situazione che continua a peggiorare di anno in anno.
L’Europa è intervenuta porgendo un’ancora di salvataggio, seppur minima, per tentare di riunire l’Italia: le politiche di coesione. Ma evidentemente da Roma non sono stati capaci di afferrare neanche quest’ancora. Ormai ne siamo tutti a conoscenza, Governo compreso, ma è sempre bene ribadire il concetto. Questa una dichiarazione del Ministro dell’economia Franco: «Non basta il Pnrr per ridurre il divario Nord-Sud». Il famigerato Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, realizzato ad hoc con la speranza di risollevare le sorti del Paese dopo la crisi Covid-19 (e adesso anche per far fronte alla guerra), così come strutturato è praticamente insufficiente ad apportare dei miglioramenti significativi all’Italia ed in particolar modo alle aree più depresse del Paese. I progetti finanziati sono per lo più datati ed inefficaci, per i quali negli scorsi decenni non sono state assegnate risorse. Ma il vero problema è che la politica italiana di fronte ad oggettive problematiche e difficoltà, resta del tutto inerme. A destra come a sinistra.
Per legge il 40% delle risorse complessive del Pnrr deve essere investito al Sud, ma come tutti i provvedimenti “all’italiana” controllando le carte emerge che anche quest’ultimo per buona parte si rivela disatteso e senza clausole di salvaguardia. E lo dimostra una recentissima ricerca targata Openpolis: non tutti i Ministeri italiani raggiungono la quota del 40%, con una differenza più ampia in quelli a guida leghista, ma anche i democratici e la sinistra non fanno meglio. Bisogna giustamente considerare anche la questione della mancata spesa delle risorse economiche ricevute. Ma se si vuole comprendere la questione a fondo, non ci si può fermare al singolo fatto e alle lamentele, leghiste e non, del “Nord locomotiva e Sud fannullone”. C’è bisogno di porsi delle domande. Nelle amministrazioni pubbliche del meridione vi è carenza di personale qualificato e specializzato per svolgere mansioni di tipo progettuale, in particolare per ciò che riguarda l’accesso ai bandi, a causa delle gravi condizioni di dissesto finanziario in cui la maggior parte di queste versano. Preso atto di questa situazione, cosa dovrebbe fare un comune meridionale in queste condizioni? Servirebbero tecnici, che il Governo tarda ad inviare.
Con il Pnrr non si realizzeranno progetti necessari al sistema Paese, ma solo in base alla loro cantierabilità: si finanzieranno programmi vecchi ed inefficienti che non risolveranno le problematiche attuali. Vince chi è più bravo a scriverli, non chi ha reali necessità. Verranno realizzati asili nido in Emilia Romagna dove ce ne sono già, e nessuno in Calabria dove occorrono. Va favorita la competizione tra i territori dicono. Ma deve essere leale, tutti partano dallo stesso livello. E con lo spettro di arrivare all’autonomia differenziata che lacererà definitivamente il Paese. Ovviamente senza applicazione dei livelli essenziali delle prestazioni.
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