Napoli e le digital humanities: la rivoluzione culturale nell'era digitale
- Maria Volpe
- 18 feb
- Tempo di lettura: 3 min

Le Digital Humanities sono un campo interdisciplinare che unisce le metodologie delle scienze umane con gli strumenti e le tecnologie digitali. Sebbene il termine sia stato coniato negli anni ’90, le sue radici risalgono agli anni ’40, con il lavoro pionieristico di Roberto Busa e il suo Index Thomisticus, un’analisi computazionale dei testi di Tommaso d’Aquino.
Oggi, le Digital Humanities comprendono una vasta gamma di discipline, dalla storia e la filologia all’archivistica, dalla storia dell’arte al design, utilizzando strumenti come l’intelligenza artificiale, il text mining, la realtà virtuale e aumentata, nonché database e piattaforme digitali per ampliare l’accesso alla conoscenza. Questo approccio non solo facilita la ricerca accademica, ma rende il sapere più inclusivo e accessibile, favorendo la partecipazione attiva del pubblico attraverso iniziative interattive e immersive.
Ma perché parliamo di rivoluzione culturale? L’evoluzione tecnologica oggigiorno è subitanea, senza avere una percezione di questo fenomeno, i nuovi strumenti digitali stanno diventando parte integrante della vita di tutti i giorni supportando l’essere umano in qualsiasi contesto. Basti pensare alle tecnologie Internet of Things: gli assistenti virtuali come Alexa, frigoriferi intelligenti e serrature intelligenti sono entrati nelle case di molti ottimizzando il quotidiano e dando origine al concetto di Smart Home. Anche il settore museale sta integrando all’interno di esso queste innovazioni, diventando un suo grosso alleato, non solo per la conservazione del patrimonio ma anche per il coinvolgimento di un pubblico più ampio con piattaforme come Google Arts and Culture permettono a chiunque di esplorare le collezioni e le sale museali online a 360 gradi. Mentre Europeana ha creato un archivio digitale vastissimo del patrimonio culturale europeo, rendendo le opere accessibili a tutti.
Tuttavia in loco, queste tecnologie esprimono il loro potenziale, offrendo esperienze suscettive grazie all’uso di Realtà Virtuale, Realtà Aumentata, Proiezioni e QRCode. Napoli è una delle città all’avanguardia in questo ambito, con progetti che combinano innovazione e storia locale, dimostrando come la cultura stia abbracciando questo fenomeno. Nel 2017 il Museo archeologico nazionale di Napoli ha lanciato il videogioco Father and Son: Paolo Giulierini, ex direttore del MANN, ha dichiarato «attraverso il video gioco il MANN si dissemina nelle case dei più giovani e speriamo che porti tante nuove generazioni alla visita della nostra cultura». Il gioco racconta la storia di Michael, un ragazzo che si reca a Napoli dopo aver ricevuto una lettera dal padre mai conosciuto che lavora come archeologo presso il MANN.
Esplorando il museo e i vari luoghi di Napoli si troverà a rivivere varie epoche storiche come nel 79d.C. a Pompei, ventiquattro ore prima della devastante eruzione. Il video gioco, a luglio del 2018 contava 3 milioni di download, di questi ad otto mesi dal lancio 12.000 visitatori si erano recati al MANN durante la loro partita per sbloccare contenuti extra del gioco, sancendo un grande successo di questa iniziativa. Un altro caso degno di nota è quello della startup ARTour, essa ha creato dei tour con la realtà aumentata a Pompei, Ercolano e per i capolavori di Caravaggio a Pio Monte della Misericordia.
Grazie al supporto di archeologi e storici dell’arte, tramite le lenti trasparenti che riproducono la realtà aumentata, sono stati ricostruiti i siti archeologici come apparivano originariamente, in particolare a Pompei ed Ercolano prima dell’eruzione del 79d.C. Sebbene la digitalizzazione rappresenti un’innovazione capace di attrarre un pubblico più vasto, presenta anche diverse sfide da affrontare. Da un lato, essa richiede infrastrutture specifiche e un team specializzato per lo sviluppo dei progetti che implica spese elevate. Dall'altro, emergono problematiche legate alla sicurezza informatica: i dati museali pubblicati online sono esposti al rischio di attacchi hacker, a meno che non siano protetti da un adeguato piano di sicurezza.
Anche la cybersecurity comporta costi importanti, poiché maggiori investimenti in sicurezza riducono il rischio di perdite in caso di attacco. Con radici negli anni '40 e una consacrazione ufficiale negli anni '90, le Digital Humanities oggi si affermano come uno degli impieghi più significativi della tecnologia moderna per la cultura e la ricerca. In un mondo sempre più digitale, rappresentano un ponte tra tradizione e innovazione, ampliando l’accesso al sapere e offrendo nuovi strumenti per esplorare il nostro patrimonio culturale con uno sguardo rivolto al futuro.
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