Jeffrey Dahmer: l’uomo dietro il cannibale del Milwaukee
- Il Napoletano Espanso
- 21 dic 2021
- Tempo di lettura: 5 min
di Rita Iodice

Probabilmente molti di voi avranno sentito parlare di un certo “cannibale del Milwaukee”, molti per i numerosi film che ne hanno raccontato la storia, altri per le altrettante leggende che vi girano attorno, ma chi era davvero questo killer tanto spietato? In questo articolo ricostruiremo la storia di uno dei serial killer più crudeli e malati della storia americana.
Il 21 maggio 1960 a Milwaukee, nello stato del Wisconsin, nasce Jeffrey Dahmer, figlio primogenito di Joyce Annette, un’istruttrice di origini scozzesi e irlandesi, e di Lionel Harbert Dahmer, uno studente di chimica di origini tedesche e gallesi. Sin da piccolo, Jeffrey soffre di gravi problemi di salute accompagnati da una situazione familiare niente affatto piacevole; il padre, infatti, passa molto tempo fuori casa per via del dottorato in chimica, diventando in breve tempo una figura fantasma nella vita del figlio. Anche la madre è quasi del tutto assente; Joyce soffre infatti di attacchi di panico e manca totalmente di attenzioni nei confronti del piccolo Jeffrey. Nonostante ciò, Jeffrey sembra un bambino abbastanza spensierato e tranquillo; malgrado i numerosi problemi di salute, vive tranquillo fino all’età di 6 anni, quando la famiglia, a causa del lavoro del padre, decide di trasferirsi nell’Ohio. In seguito al trasferimento, Jeffrey diventa più chiuso e taciturno iniziando a sviluppare un forte interesse per l’anatomia animale; interesse che lo porta a dissezionare animali di vario tipo. Le sue fantasie e il suo fascino per la morte però, purtroppo, non si limitano a questo: a 14 anni inizia a sviluppare fantasie sessuali legate imprescindibilmente al desiderio di violenza. Inoltre, ben presto si rende conto di essere attratto dagli uomini. La scoperta della propria omosessualità porta Jeffrey a chiudersi ancora di più in sé stesso, sviluppando una sorta di rifiuto verso il proprio orientamento che lo porta ad affogare la sua sofferenza nel consumo spropositato di alcolici.
In seguito al diploma nel 1978, i genitori di Jeffrey si separano lasciandolo totalmente solo. È proprio in questo periodo che Dahmer compie il suo primo omicidio; la vittima è un autostoppista diciannovenne, Steve Hicks, a cui Jeffrey offrì aiuto invitandolo a casa sua. I due avevano poi bevuto e consumato un rapporto sessuale in seguito al quale Jeffrey, colpendolo con un manubrio e successivamente soffocandolo, lo aveva ucciso. Compresa immediatamente la situazione, smembra il corpo del giovane con le tecniche apprese da bambino e ne disperde i resti nel bosco dietro casa.
In seguito al suo primo omicidio Jeffrey prova ad iscriversi all’università, ma a causa dei suoi problemi di alcolismo non riesce a seguire le lezioni. Viene quindi obbligato dal padre ad arruolarsi nell’esercito americano ma, appena due anni dopo la sua partenza per una base in Germania, viene cacciato per comportamenti molesti. Si trasferisce allora a casa della nonna dove la libertà riacquisita gli permette di compiere il suo secondo omicidio. Nel settembre del 1987, infatti, incontra in un gay bar Steven Tuomi; i due bevono molto e spostano la serata in una camera d’albergo dove Jeffrey ucciderà Steven per poi trasportarne il cadavere fino alla casa della nonna. Qui lo stuprerà diverse volte per poi smembrarlo e disperderne anche stavolta i resti. Ma Dahmer non si ferma qui, infatti tra il gennaio e il marzo del 1988 massacra altre due vittime; James Doxtator, un ragazzo di 14 anni nativo-americano, e Richard Guerriero, 23 anni di origini messicane, entrambi con le stesse modalità delle precedenti vittime. L’istinto sessuale unito al desiderio di violenza porta Jeffrey a inventare metodi sempre nuovi per conservare i resti delle sue vittime così da tenerle “sempre con sé”, come dichiarerà successivamente.
Nel settembre del 1988, però, viene allontanato da casa della nonna a causa dei suoi festini. Decide dunque di tornare a Milwaukee e di andare a vivere in un appartamento nel nord della città che diventerà famoso col nome de “il mattatoio”, proprio per l’enorme quantità di vittime che Jeffrey ucciderà in questa casa. In quello stesso mese adesca e porta a casa Somsak Sinthasomphone, un ragazzino di 13 anni a cui promette soldi in cambio di un servizio fotografico. Somsak però riesce a fuggire da Jeffrey e si reca dalle forze dell’ordine dove lo denuncerà per violenza sessuale. Dahmer viene allora condannato nel gennaio 1989, ma successivamente rilasciato in attesa della sentenza. È proprio durante questo periodo che Jeffrey torna all’opera massacrando e uccidendo Anthony Sears, anch’egli incontrato in un gay bar.
Da questo momento in poi gli omicidi si fanno sempre più frequenti; nel giugno 1990 i tempi tra un’uccisione un’altra si restringono al punto da stimare che Jeffrey uccidesse una volta alla settimana. In quell’anno uccide Eddie Smith (28 anni), Ricky Beeks (27 anni), Ernest Miller (22 anni) e David Thomas (23 anni). Il 19 febbraio del 1991 massacra poi Curtis Straughter, in aprile Errol Lindsey, a maggio Tony Hughes e Konerak Sinthasomphone, quest’ultimo, di appena 14 anni, riuscendo a liberarsi in seguito alle torture subite da Jeffrey si rifugia alla polizia ma Dahmer racconta loro che il ragazzino è un suo amante e che in seguito a un litigio ha inventato una storia per vendicarsi. Gli agenti gli credono e consegnano il povero Konerak nelle mani del suo killer. In seguito a questo evento gli omicidi continuano ininterrottamente: nel giugno del 1991 uccide Matt Turner, mentre a luglio è la volta di Jeremiah Weinberger, Oliver Lacy e Joseph Bradehoft, sua ultima vittima.
A far scattare la molla che decreterà la fine della furia omicida di Jeffrey sarà il tentativo di uccidere la sua diciottesima vittima, Tracy Edward. Il ragazzo però capisce immediatamente di essere in pericolo e in un attimo di distrazione di Jeffrey scappa e va alla polizia, convincendo gli agenti a controllare l’appartamento di Dahmer. Quando la polizia arriva a casa di Jeffrey si trova davanti a uno scenario degno di un film dell’orrore: nell’appartamento vengono ritrovate numerose fotografie di cadaveri, oltre a resti (in particolare peni) conservati in formaldeide e diversi teschi umani alcuni dei quali dipinti, all’interno del frigorifero vengono ritrovati altri resti umani così come in molte pentole.
Il processo ebbe inizio il 30 gennaio 1992, il numero finale delle vittime accertate uccise da Jeffrey ammontava a 17. Durante il processo, il racconto dei numerosi crimini commessi da Dahmer fu amplificato da numerose dichiarazioni emesse dallo stesso killer. Oltre a drogare, stuprare e smembrare i corpi delle sue vittime, Jeffrey ne mangiava i resti. Inoltre, era solito conservare numerose parti del corpo delle vittime, in particolare i crani, i quali erano sottoposti a diversi trattamenti chimici volti ad eliminare totalmente la pelle del cranio. Jeffrey dichiarò di aver fatto tutto ciò per creare il suo personale “schiavo sessuale”, un uomo senza anima né coscienza su cui sfogare tutte le sue fantasie arrivando perfino a compiere numerosi esperimenti sulle sue vittime mentre erano ancora vive. Il processo è uno dei più famosi della storia e venne trasmesso in mondovisione.
Jeffrey Dahmer viene condannato dalla corte suprema del Wisconsin a 15 ergastoli, ma muore due anni dopo nel 1994, in carcere, vittima di Christopher Scarver, un sociopatico che lo aggredì e lo uccise.
Il caso di Jeffrey Dahmer è ancora oggi soggetto a numerosi studi volti a indagare cosa si celasse dietro la psicologia del celebre cannibale del Milwaukee, ma ciò che sappiamo per certo è che questo resta senza dubbio uno dei casi più cruenti e macabri della storia.
E tu? Conoscevi questo caso?
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