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Il cielo dal cortile del carcere, la storia di Cecilia Sala




“La libertà personale è inviolabile” recita l’articolo 13 della Costituzione Italiana. Una Costituzione che si impegna a garantire il rispetto dei diritti dei propri cittadini, basata sullo stesso concetto di libertà come fondamento dell’ordinamento giuridico Italiano.


È il 19 dicembre quando la giornalista Italiana Cecilia Sala, specializzata in politica estera, viene posta in stato di fermo nel suo albergo a Teheran. Sta lavorando al computer, quando sente qualcuno bussare alla porta, apre e viene così privata di quella libertà personale che le era sempre appartenuta.


Non le viene spiegato il motivo dell’arresto, viene semplicemente condotta nella prigione di Evin, nella parte settentrionale della regione, dove sono detenuti presunti oppositori politici, dissidenti iraniani e cittadini stranieri. Il carcere in cui è stata condotta ha scarse condizioni igienico-sanitarie ed è stato più volte oggetto di reiterate denunce. È stata infatti aperta una indagine investigativa dopo l’incendio divampato il 15 ottobre, attribuito ai prigionieri, ma che ha innescato dubbi sulla sanguinosa repressione che le guardie hanno messo in atto, sparando gas lacrimogeni e attuando gravi percosse ai danni dei detenuti, sia con manganelli e pestaggi sia con la negazione delle cure mediche.


La giornalista era atterrata a Teheran per registrare degli episodi di Stories, il podcast di Chora Media di cui è autrice. Come racconta nel corso della sua ultima puntata, in cui parla dei giorni di solitudine trascorsi nella cella d'isolamento, l’Iran era uno dei posti in cui più voleva tornare, perché vi erano persone a cui si era affezionata profondamente. Nel corso della sua permanenza registra tre puntate, facendo luce sulla situazione a Teheran. Nel primo “ la conversazione sul patriarcato a Teheran”, intervista Diba che all’età di ventuno anni ha capelli cortissimi e tinti rosso fuoco, e che racconta di come abbia rifiutato di sposarsi, mantenendo saldi i propri principi e rifiutando di conformarsi a “La divisione dei ruoli calata dall’alto in una società che decide il tuo destino basandosi sul sesso.” e usando le parole di una nota cantante statunitense, Lana Del Rey, che recitano “ La speranza è un oggetto pericoloso da maneggiare per una donna come me”.


Nella seconda puntata intitolata “L’album di famiglia dell’Asse della resistenza”, Cecilia Sala intervista Hossein Kanaani, uno dei fondatori dei Pasdaran iraniani. Kanaani, sfogliando il suo album di foto, spiega come ha dedicato oltre 45 anni della sua vita alla creazione di una rete di milizie alleate di Teheran in Medio Oriente, tra cui Hezbollah in Libano, Hamas in Palestina, gli Houthi di Ansar Allah in Yemen e il regime di Assad in Siria. Questa rete, definita “Asse della resistenza”, era concepita da Teheran come una sorta di assicurazione per proteggersi dal nemico esistenziale: Israele.


Nella terza e ultima puntata, “Lei fa così ridere che le hanno tolto Instagram. Teheran comedy”, Cecilia Sala racconta la storia di Zeinab Musavi, conosciuta online come “Imperatore Kuzco”, una delle comiche iraniane più famose sul web. Zeinab ha guadagnato popolarità attraverso i suoi sketch comici su Instagram, accumulando circa 750.000 follower. Nel 2022, Zeinab è stata arrestata a causa dei contenuti dei suoi sketch, in particolare per uno dei suoi personaggi. Nonostante l’esperienza dell’isolamento in carcere, Zeinab ha mantenuto il suo spirito comico, trovando motivi per ridere anche in quella situazione difficile.


Il 19 dicembre, esattamente il giorno prima della sua partenza per tornare in Italia, Cecilia non può tornare a casa, né rivedere sua madre o suo padre. Cecilia, che ha sempre lottato per far sentire la sua voce e per la pubblica informazione, non ha più il potere di farsi sentire e per giorni il segreto sulla sua condizione è custodito con cura. Eppure non si può togliere la libertà a chi è nato per urlare, per lottare, per graffiare.


La notizia della cattura della ventinovenne viene divulgata in Italia solo il 27 dicembre, dal Ministro degli Esteri. Le accuse contro Cecilia sono vaghe e imprecise e alimentano i dubbi che la sua cattura sia strettamente collegata al caso di Abedini Najafabadi, il cosiddetto “uomo dei droni”, ingegnere 38enne preso in custodia cautelare in Italia il 16 settembre presso l'Aeroporto di Milano Malpensa, su mandato di Arresto degli Stati Uniti. È accusato di aver fornito all’Iran materiale tecnologico avanzato, in particolare ai Pasdaran, gruppo paramilitare al servizio dell’autorità religiosa suprema dell’Iran : l'Āyatollāh Khāmeneī, che ha instaurato la Repubblica Islamica nel 1797, deponendo lo shah Reza Pahlavi che negli anni prima (1963, rivoluzione bianca) stava promuovendo l'occidentalizzazione del territorio con la modernizzazione delle infrastrutture e l'emancipazione femminile. Proprio i Pasdaran sono ritenuti colpevoli dell’attacco drone di una base statunitense, in cui sono morti tre soldati.


Gli Stati Uniti hanno richiesto l’estradizione del detenuto dal carcere Milanese di Opera e la corte d’Appello, all’inizio indecisa sul da farsi, lo ha scarcerato nella mattinata del 12 gennaio, su richiesta di Carlo Nordio, Ministro della Giustizia. “Il mio cliente è persona libera e potrà riprendere a sorridere e sperare" comunica Alfredo De Francesco, legale di Abedini, “La decisione presa dal Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ci ha felicemente sorpresi. Da giurista e da avvocato, sono molto contento delle motivazioni addotte a sostegno della richiesta di revoca delle custodia cautelare, poiché si sposa con quanto sostenuto sin dall’inizio in merito all’assenza dei presupposti per l’estradizione ma soprattutto per l’attenzione data al valore fondamentale della libertà personale alla luce dei principi costituzionali”.


Ad oggi, l’ex-detenuto è atterrato a Teheran, come comunicato dal ministero degli Esteri Iraniano. Inizialmente, il 2 gennaio, il collegamento fra il caso di Cecilia Sala e di Abadini sembrava essere stato rivendicato dalla stessa Ambasciata della Repubblica Islamica a Roma, successivamente smentito dal ministero degli Esteri Iraniano. Il governo Italiano ha seguito strettamente tutto il corso della vicenda, ottenendo varie telefonate con i genitori per Cecilia e, in seguito, la sua scarcerazione l’8 gennaio del 2025. “Ciao, sono tornata” Cecilia Sala torna in scena con un’altra puntata del suo podcast. Racconta, racconta e non smette di far sentire la sua voce. Parla di come riusciva a ridere quando guardava il cielo, dal piccolo cortile del carcere e di come piangeva di gioia “ la tua testa è la cosa più difficile, passavo il tempo a contare i giorni, a contarmi le dita, leggere gli ingredienti del pane” continua “ la cosa che più volevo era un libro, la storia di un altro, qualcosa che mi portasse fuori, perché non riuscivo ad avere tanti pensieri positivi rispetto alle mie prospettive”.


L’emozione che trapela dalla sua voce è quella di chi continuerà a combattere, nonostante l’angoscia e il senso di colpa per essere stata tirata fuori, al contrario di altri e altre che sono ancora lì, in una cella fredda e da soli. “Le rotture portano a delle ripartenze” e così che viene ridata la libertà a Cecilia Sala. “ Essere liberi non significa solo sbarazzarsi delle proprie catene, ma vivere in un modo che rispetta e valorizza la libertà degli altri” -Nelson Mandela.

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