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Hong Kong: condannato attivista malato terminale

di Laura Barbato



«La prigione è parte della mia vita» sostiene in tribunale, l’attivista settantacinquenne, malato terminale di cancro.


La vicenda che ha scosso gli animi dagli USA all’Europa è quella di Koo Sze-yiu, arrestato ad Hong Kong con l’accusa di "tentativo di compiere o preparazione a compiere un atto o atti con intenzioni sediziose". A lui è stata negata anche la libertà su cauzione.


Ma chi è Koo? Originario di Zhongshan, Cina, è stato un attivista per buona parte della propria vita: cominciando dall’opporsi al governo coloniale portoghese a Macao fino a criticare la repressione di Beijing a Hong Kong.


Arrestato almeno undici volte dagli anni 2000, è uscito di prigione il luglio scorso, dopo essere stato incarcerato per aver violato il divieto del governo ai manifestanti di coprirsi il viso durante le proteste del 2019. Dopo un cancro terminale al retto, diagnosticatogli nel 2020, l’attivista veterano è stato indomito anche dopo aver ricevuto la sua condanna: “non ho rimpianti” ha detto alla corte.


Il 12 luglio, Koo Sze-yiu è stato formalmente condannato a nove mesi di carcere per tentata sedizione per una protesta contro le Olimpiadi Invernali di Beijing. L’accusa gli è stata mossa dal magistrato principale Peter Law, che ha definito il caso “troppo grave”, tanto da richiedere una sentenza deterrente.


L’attivista di Hong Kong era già stato arrestato il 4 febbraio per aver affermato di voler protestare davanti all’ufficio di collegamento con Beijing a Hong Kong. Gli avvocati di Koo hanno fatto leva sull’incostituzionalità di una legge risalente all’era coloniale del Paese, quella appunto che prevede la condanna per “il tentativo di compiere o la preparazione a compiere un atto con intenzioni sediziose”. Hanno ribadito, inoltre, che Koo non avrebbe esercitato altro che la propria libertà di parola.


Ma il magistrato Peter Law ha posto l’accento sul fatto che gli slogan presenti sugli striscioni di protesta, quali "abbasso il Partito Comunista e la dittatura del partito unico", miravano a rovesciare il regime ed erano provocatori, considerate le proteste del 2019.


Law ha stabilito in maniera tendenziosa un collegamento tra le proteste di Koo e l’intero movimento antiregime del 2019.


«(Nel 2019) durante il movimento, molte persone hanno indirizzato la colpa al Partito Comunista Cinese e, nonostante la fine del movimento, molti non si sono ancora ripresi emotivamente».

«(Gli slogan) susciteranno ancora una volta emozioni di malcontento e disaffezione».

Queste alcune delle affermazioni del magistrato.


Law si è dimostrato preoccupato che le proteste di boicottaggio delle Olimpiadi Invernali nascondessero altro o viceversa ha sfruttato l’accusa politica per evitare disordini relative ad un evento dai risvolti economici?


«Il governo cinese ha distrutto la libertà e la democrazia a Hong Kong» ha sottolineato puntando il dito contro il trattamento riservato dalla Cina ai dissidenti e mettendo in luce processi opachi e lunghe pene detentive.


«Rispetto a quello che hanno vissuto loro, il mio sacrificio non è niente» ha affermato Koo.

L’accusa mossa a Koo era ineluttabile? Law ha agito correttamente, avvalendosi di una legge di epoca coloniale, condannando un attivista ormai anziano, nonché malato terminale? Ma, soprattutto, si è forse trattato della conseguenza di un codice legislativo obsoleto?

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