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Governo Meloni: il vecchio che avanza

Aggiornamento: 3 gen 2023

di Matteo Celentano



Partiamo da un punto fermo, comunque la si veda, il 22 ottobre 2022 rimarrà una data incisa nella storia del nostro Paese: quarantatré anni dopo Nilde Iotti, prima donna nella storia dell’Italia ad assumere la presidenza della Camera dei Deputati, Giorgia Meloni è la prima donna Presidente del Consiglio. Prima di lei nessuna; era stata proprio Nilde Iotti a sfiorare con mano la presidenza, ma il mandato esplorativo affidatole dal Presidente Cossiga nel 1987 dopo la caduta del governo Craxi II si risolse in un nulla di fatto.


L’Onorevole Meloni, convocata al Quirinale dopo che nella mattinata di ieri il Presidente Mattarella aveva concluso le proprie consultazioni con un rapidissimo incontro con la coalizione di destra vincitrice delle elezioni, ha ricevuto l’incarico di formare un nuovo governo, incarico accettato senza riserva, ha dato lettura della composizione del nuovo Esecutivo dinnanzi ai cronisti (con gaffe annessa di scambio di ministeri corretta solo a distanza di due ore), e, oggi, ha giurato sulla Costituzione.


“Giorgia” guiderà un governo di coalizione che si configura come di destra pura a trazione Fratelli d’Italia e che, a dispetto degli annunci roboanti da campagna elettorale, si mostra privo di nomi di alto profilo, molti dei quali, su tutti Fabio Panetta, membro del board esecutivo della BCE e corteggiato per mesi per il Ministero dell’Economia, hanno gentilmente declinato l’invito.


Per la verità, molti sono i nomi riciclati dai governi Berlusconi. Ben undici esponenti del neonato governo facevano parte del governo Berlusconi IV; la stessa Meloni ricopriva allora l’incarico di Ministro per la Gioventù. A seguire, Raffaele Fitto, nuovo Ministro per gli Affari Europei e l’attuazione del Pnrr (all’epoca ministro per le regioni e la coesione territoriale); Roberto Calderoli, Ministro per gli Affari regionali e le Autonomie (già Ministro per la semplificazione normativa); Anna Maria Bernini, Ministra dell’Università e ricerca (già Ministra per le Politiche europee); Daniela Santanché, Ministro del Turismo (già sottosegretario per l’attuazione del programma di governo); Adolfo Urso, Ministro delle Imprese e del Made in Italy (già viceministro dello Sviluppo economico); Maria Elisabetta Alberti Casellati, Ministra delle Riforme (già sottosegretaria al Ministero della Giustizia); Eugenia Roccella, Ministra per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità (già sottosegretaria al Welfare e alla Salute); Nello Musumeci, Ministro per il Sud e le Politiche del mare (già sottosegretario al Lavoro); Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio (già sottosegretario all’Interno); e Guido Crosetto, Ministro della Difesa (già sottosegretario al Ministero della Difesa).


Insomma, la presenza di volti appartenenti al passato berlusconiano è segno di una mancanza di discontinuità, dovuta anche ad un evidente deficit di classe dirigente (che per la verità accomuna con sfumature diverse e dovute eccezioni la maggior parte dei partiti politici odierni) in seno a Fratelli d’Italia. A completare il quadro governativo vanno segnalati Antonio Tajani agli Esteri con funzioni di vicepremier, Matteo Salvini alle Infrastrutture con funzioni di vicepremier, Matteo Piantedosi agli Interni, Carlo Nordio alla Giustizia, Giancarlo Giorgetti al Tesoro e Orazio Schillaci alla Salute.


Non cambiano i ministri, cambiano i ministeri. Molti ministeri, infatti, cambiano nome, nel segno dei termini chiave della destra. Il nome che è parso a tutti subito molto altisonante è il ministero dell’Agricoltura e della Sovranità alimentare (affidato a Francesco Lollobrigida), esaltazione di un nazionalismo di facciata difficile da declinare in termini pratici nell’ambito specifico. Allo stesso modo, di difficile lettura il nome ministero per il Sud e per le politiche del Mare, dal momento che la delega per la Guardia Costiera è attribuita al Mit (con la Lega che non ha esitato a rimarcarlo) e che i bellissimi mari italiani non bagnano solo il Sud né, tanto meno, quest’ultimo può dirsi privo di colline e montagne. Altamente ideologico l’inserimento del termine “natalità” a fianco della dicitura Famiglia e Pari Opportunità, coerente, però, con l’assegnazione del ministero ad Eugenia Roccella che, ultraconservatrice e ipercattolica, si concentrerà più sulla natalità che sulle pari opportunità. Proprio sotto il profilo dei diritti civili il governo Meloni si configura come antiprogressista e conservatore; tuttavia, è difficile dire ora fino a dove potrà spingersi.


Dal punto di vista politico le domande sono molteplici. In primis ci si interroga sulla tenuta della coalizione: Meloni negli ultimi giorni è stata brava a respingere le molteplici pressioni degli alleati, ora dovrà dare forza alla sua azione politica senza farsi logorare dai due leader, con Salvini e Berlusconi alle prese con una crescente crisi di consensi interna e nel Paese, il primo, e una frattura sempre più profonda in Forza Italia, il secondo.


Divisiva appare anche la collocazione internazionale: la leader di Fratelli d’Italia ha più volte manifestato l’intenzione di proseguire nel segno euro-atlantico e bellicista tracciato dal governo Draghi, tuttavia sono note le inclinazioni filorusse della Lega (del Segretario Salvini come del vicesegretario Fontana, neo eletto presidente della Camera), anche contraria all’invio di nuove armi all’Ucraina, e quelle filoputiniane di Silvio Berlusconi, legato a Putin da un rapporto trentennale, “riallacciato un po’ tanto” a suon di “lettere dolcissime” come emerso negli audio divulgati da LaPresse nelle ultime ore.


A livello sociale il governo Meloni si configura molto legato all’establishment, in perfetta continuità con il governo Draghi. Negli ultimi giorni di campagna elettorale, Meloni aveva ridimensionato l’idea di eliminare il Reddito di Cittadinanza. Una consistente modifica al sussidio introdotto dal governo Conte I vede favorevoli la maggioranza dei partiti e della società; tuttavia, un’eventuale abolizione rischierebbe di produrre forti contrasti sociali, in un periodo caratterizzato dalla crisi energetica e dal caro bollette che già mettono alla prova le famiglie italiane.


Dopo l’usuale passaggio della campanella che avrà luogo domani mattina a Palazzo Chigi, il Governo avrà l’obbligo di partire col piede giusto, perché si affaccia su un territorio minato di sfide: la crisi ucraina, la crisi energetica e la strategia Ue, l’approvazione della Legge di Bilancio. Da oggi Giorgia Meloni dovrà dimostrare di essere all’altezza del grande salto, dopo tanti anni passati coerentemente all’opposizione ad agitare le masse, trasformando le parole in fatti affinché non restino vuota retorica. Dovrà farlo con un governo un po’ berlusconiano, un po’ draghiano. Nostalgia canaglia.

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