E se questa è una famiglia
- Anna Maria Siano
- 20 feb 2024
- Tempo di lettura: 3 min

Famiglia, una parola, otto lettere e un significato tangibilmente eterno. Per secoli, sono state
narrate le storie di impavidi giovani, che hanno gloriosamente combattuto contro lingue di
fuoco ardenti e scottanti come magma e affrontato temibili draghi squamosi, brandendo
l’elsa di una lama impetuosa.
Si sono raccontate storie riguardanti vigorosi cavalieri, che hanno viaggiato, superando miracolosamente scontrose intemperie e solcando confini insormontabili, mai superati fino ad allora. Ad accomunare questi uomini poderosi, oltre il coraggio e l’audacia, è stato l’amore e la dedizione per i propri familiari, il sacrificarsi per la propria famiglia senza esitazione. Fino ad oggi, queste storie hanno accompagnato grandi e piccini, incoraggiandoli nelle loro scelte e fornendo loro ideologie stabili su cui fare affidamento. Il vero e proprio significato della parola famiglia è andato, però, sfumando.
Il concetto di famiglia, ossia il legame indissolubile che unisce nuclei di persone aventi lo stesso sangue nelle vene e gli stessi tratti peculiari, è spesso svalutato, ridotto a una semplice convivenza forzata. Molti sono i casi di femminicidi e omicidi coinvolgenti familiari, molto spesso mogli e mariti. Sono troppi i casi a cui si potrebbe fare riferimento nel parlare della troppa polvere che copre questa parola. Un episodio recente si è verificato questo sabato, il 17 febbraio 2024. Un uomo, durante una lite, preso dall’ira, ha ucciso il proprio nipote.
Ci troviamo nelle campagne di Rapolla, in provincia di Potenza, davanti ad un’abitazione in contrada Cerro Cigliano. La vittima della tragedia familiare si chiama Michele Petrino, uomo di 40 anni morto sul colpo intorno a mezzogiorno. Secondo le testimonianze lo zio, il 67enne Vincenzo Petrino, e il nipote litigavano a causa di questioni e dissidi riguardanti alcuni terreni agricoli. I due si sarebbero scaldati così tanto da indurre lo zio a sparare due colpi di fucile, arma in suo possesso legalmente registrata. I due colpi fatali hanno, così, portato allo scandire degli ultimi minuti di vita del nipote. I soccorsi sarebbero giunti sul posto subito, accompagnati dalla polizia locale, ma l’uomo è ormai già morto.
I carabinieri della Compagnia di Menfi e del nucleo investigativo di Potenza hanno subito preso sotto custodia l’omicida, che è stato condotto in caserma e interrogato a lungo.
Sono ancora in corso le indagini per stabilire il movente che ha portato l’uomo a compiere tale azione, ancora non del tutto chiaro. La disgrazia ha sconvolto, così, la comunità locale e non sarà facile da dimenticare. È doveroso un momento di riflessione, che non solo porti a comprendere il male dell’azione omicida ma anche che porti a riflettere sull’importanza della
famiglia.
Uccidere, commettere omicidio, è sempre e in ogni contesto un’azione sbagliata e innaturale ma ci si interroga su come sia possibile aggredire un familiare, una persona con la quale si sono condivisi ricordi ed emozioni. “La famiglia, tanto agognata da chi non ha avuto la fortuna di ricevere l’affetto materno, o paterno, o in generale un sostegno stabile sulla quale fare riferimento, è la patria del cuore” scrisse Giuseppe Mazzini. La famiglia è il naturale bisogno di contare su qualcuno, di appoggiare la testa sulla spalla di quella persona quando le lacrime rigano le guance, non smettendo di sgorgare e l’umore gioca brutti scherzi.
La famiglia è la sincera necessità di ridere a squarciagola con una persona mentre si è sul letto, di ballare in modo strano e imbarazzante solo per strappare una risata all’altro. La famiglia è la consueta semplicità che tutti dovrebbero avere. È doverosamente umano non sottovalutare l’importanza di essa, e non svalutare il ruolo dei propri cari e non ricorrere a questi solo nei momenti di bisogno.
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