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Diana Pifferi: un'anima innocente


Non tutte le storie nascono per essere raccontate. Molte germogliano per essere sussurrate con cautela nei quieti silenzi della notte, sorgono per essere custodite gelosamente nei cuori di ingenui messaggeri. Altre storie, invece, sono quelle che etichettiamo come troppo atroci per essere enunciate. La verità spesso fa paura, ma merita di essere rievocata, merita che tutti possano conoscerla, merita di abitare quei luoghi dove la speranza ha abbandonato le case ormai vuote e spente della gente. Questa è la storia di un’anima pura, di un esile corpicino trovato morto dalla propria madre, un sorriso troppo breve e una vita che meritava di essere vissuta. Questa è la storia di Diana Pifferi.

Ci troviamo a Milano, via Carlo Perea, durante il pieno delle vacanze estive e delle calde giornate afose. La piccola Diana, però, non è al mare a giocare o sguazzare nell’acqua con un sorrisone genuino, né a giacere nella candida neve di un’alta vetta, non è nemmeno tra le braccia di qualcuno a sbattere dolcemente le folte ciglia che incorniciavano quei suoi occhi tanto grandi e luminosi o a corrugare le sopracciglia con l’espressione entusiasta di tutti i neonati. All’età di soli 18 mesi la bambina giace accaldata nella culla del suo appartamento, lasciata sola dalla madre per 6 terribili giorni di stenti. Il 14 luglio dello scorso anno, giovedì sera, Alessia racconta di aver sistemato la figlia, averle lasciato un biberon di latte ed essere uscita di casa, seguentemente si dirige a casa del suo compagno. Secondo quanto riportato dalla donna, non era la prima volta che la piccola rimaneva da sola a casa, lei non immaginava minimamente le conseguenze a cui avrebbero portato le sue azioni. Al compagno ( con il quale la relazione si era ripresa da poco) racconta di aver lasciato la bambina con la sorella. Le bugie si accavallano per 6 lunghi giorni e, il 20 luglio, la donna rientra a casa, trovando il corpo della bimba inerme. <<Ho trovato mia figlia nel lettino. Era mattina, ma non ricordo l’ora. Sono andata subito da mia figlia, l’ho accarezzata e ho capito che non si muoveva perché non giocava come le altre volte. Era fredda, ho tentato di rianimarla, le ho fatto il massaggio cardiaco, l’ho portata in bagno per bagnarle piedini, manine, viso e testina per cercare di farla riprendere.>> sono queste le parole che dichiara la 37enne, successivamente condannata per omicidio. Nei mesi successivi l’ultimo avvocato dell’imputata, la quale ha cambiato tre rappresentanti legali nel corso del processo, ha richiesto una perizia psichiatrica sulla capacità d’intendere e di volere. In caso l’indagata fosse stata ritenuta incapace allora non sarebbe più stata imputabile e le accuse sarebbero cadute. I magistrati hanno però respinto l’istanza, attenendosi anche ai pareri del pm Francesco De Tommasi e di Rosaria Stagnaro. Lo scorso 19 settembre il processo si è chiuso, dichiarando colpevole l’imputata. Ad oggi Alessia risiede nel carcere di San Vittorie, mentre la piccola Diana è sepolta a San Giuliano Milanese, dove vivono alcuni familiari, nella parrocchia dei Santi Pietro e Paolo. La piccola sarà per sempre ricordata come l’angelo che è volato in cielo troppo presto e questa storia sarà ricordata, nonostante particolarmente cruenta, per aver portato luce sulla verità della piccola Diana, il cui ricordo scalderà sempre il cuore dei suoi cari.

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