Caso Almasri: la Premier Giorgia Meloni indagata. Cosa sappiamo finora?
- Ariadna Pisani
- 3 feb
- Tempo di lettura: 3 min

Il 28 gennaio 2025, la Presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato di essere stata iscritta nel registro degli indagati dalla Procura di Roma per favoreggiamento e peculato. L’indagine riguarda il rimpatrio di Osama Almasri, comandante della polizia giudiziaria libica, arrestato in Italia su mandato della Corte Penale Internazionale (CPI) e poi rilasciato a causa di un vizio procedurale.
Insieme a Meloni, risultano indagati anche il Ministro della Giustizia Carlo Nordio, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. La vicenda ha sollevato interrogativi sul rispetto delle procedure giudiziarie e sulle eventuali responsabilità istituzionali legate al trasferimento di Almasri.
Osama Almasri, alto ufficiale libico, è accusato dalla Corte Penale Internazionale di crimini contro l’umanità, tra cui omicidio, tortura e stupro. Il 19 gennaio 2025, è stato arrestato a Torino in base a un mandato della CPI, ma il 21 gennaio la Corte d’Appello di Roma ha annullato il fermo per un vizio procedurale: l’arresto sarebbe stato eseguito senza previa comunicazione al Ministro della Giustizia, come previsto dalla normativa. Subito dopo il rilascio, Almasri è stato rimpatriato in Libia con un volo di Stato italiano.
Questa decisione ha suscitato attenzione a livello internazionale, in particolare da parte della CPI, che ha chiesto chiarimenti al governo italiano sulle circostanze del rilascio e del rimpatrio. Alcuni esperti di diritto internazionale sostengono che l’Italia, accogliendo il mandato d’arresto della CPI, avesse l’obbligo di garantire la consegna di Almasri alla giustizia internazionale e che il rimpatrio possa aver compromesso il procedimento in corso.
L’indagine, coordinata dalla Procura di Roma sotto la guida del procuratore Francesco Lo Voi, ipotizza i reati di favoreggiamento, per aver facilitato la fuga di un soggetto ricercato dalla giustizia internazionale, e di peculato, per l’uso improprio di risorse statali nel trasferimento di Almasri. Secondo la legge costituzionale del 1989, quando un membro del governo è accusato per atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, il caso viene trasmesso al Tribunale dei Ministri, che ha 90 giorni per decidere se archiviare l’indagine o chiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere. Se il Tribunale dei Ministri dovesse chiedere l’autorizzazione, la decisione spetterebbe alla Camera dei Deputati per Meloni e Nordio, essendo parlamentari, e al Senato per Piantedosi e Mantovano, che non ricoprono cariche elettive.
Le reazioni politiche e istituzionali sono state immediate. Giorgia Meloni ha commentato l’indagine in un video pubblicato sui social media, dichiarando che “non si farà intimidire” e sottolineando il rischio che il caso possa danneggiare l’immagine internazionale dell’Italia e scoraggiare investimenti esteri. All’interno del panorama politico, l’opposizione ha chiesto chiarezza sulla vicenda, evidenziando la necessità di rispettare gli obblighi internazionali dell’Italia, mentre i sostenitori della Premier parlano di un attacco politico nei confronti del governo. Fonti giornalistiche hanno inoltre riportato che, prima della pubblicazione del video, la Presidente del Consiglio avrebbe avuto un incontro riservato con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella al Quirinale, un dettaglio che ha alimentato speculazioni su un confronto istituzionale sulla gestione del caso.
Sul piano internazionale, la vicenda ha attirato l’attenzione della comunità diplomatica, in particolare della Corte Penale Internazionale, che ha chiesto ufficialmente chiarimenti sul rilascio e sul successivo trasferimento in Libia di Almasri. L’episodio potrebbe avere ripercussioni sui rapporti tra l’Italia e la CPI, soprattutto se dovesse emergere che il rimpatrio sia stato il risultato di una decisione politica piuttosto che di un automatismo procedurale.
L’inchiesta è ancora nella fase iniziale, ma nei prossimi mesi il Tribunale dei Ministri dovrà stabilire se richiedere al Parlamento l’autorizzazione a procedere contro Meloni e gli altri membri del governo coinvolti. In caso di via libera, la Presidente del Consiglio potrebbe affrontare un processo con accuse di favoreggiamento e peculato, con possibili conseguenze politiche e giudiziarie. Oltre all’aspetto legale, la vicenda solleva questioni di rilievo diplomatico: se il rimpatrio di Almasri fosse stato motivato da ragioni politiche, l’Italia potrebbe trovarsi in difficoltà nel giustificare la propria posizione nei confronti degli organismi internazionali e degli altri Stati coinvolti nelle indagini sui crimini di guerra in Libia.
Il caso Almasri rappresenta dunque un punto di svolta per la politica italiana, con interrogativi aperti sulle scelte del governo e sulle implicazioni istituzionali della vicenda. Mentre il Tribunale dei Ministri e il Parlamento valuteranno la situazione, l’attenzione pubblica e internazionale resta alta per comprendere l’evoluzione di un caso che potrebbe influenzare gli equilibri interni e i rapporti dell’Italia con la giustizia internazionale.
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