17 anni e sentirsi sbagliati
- Anna Maria Siano
- 25 set 2024
- Tempo di lettura: 3 min

Non sempre chi osserva, vede. Non sempre chi sente, ascolta. È il 31 agosto e l’estate è ormai quasi giunta al termine. Il caldo si sta affievolendo trasportando via con sé, con una rinnovata brezza fresca, la spensieratezza che un adolescente prova quando si diverte con i suoi amici, tra le serate tranquille in riva al mare e i bagni di mezzanotte. Non per tutti, però, è così.
C’è un ragazzo, che durante quest’estate, combatte con se stesso. C’è un ragazzo che si guarda allo specchio e si sente strano. Non ci è concesso entrare nella sua mente, non possiamo sapere cosa sentiva per certo. In realtà sappiamo poco di lui: Riccardo, 17 anni, affronta un periodo difficile della vita.
Possiamo immaginare che si sia sentito intrappolato tra i muri ovattati della stanza circoscritta che è la sua mente, che sia stato in conflitto con se stesso. Il cuore forse gli batteva troppo forte e oscurava lo scorrere dei suoi pensieri, o forse era così lento da costringerlo ad agire impulsivamente pur di sfuggire a quella flemmatica cascata di oscuri pensieri. Magari invece non pensava proprio, forse non era il suo cuore a ostacolarlo, forse quello stesso muscolo così importante era sotto lo scacco di una mente plagiata dal dolore. Le azioni più brutte sono spesso frutto di una vitrea sofferenza che nuota tra le sponde dorate delle emozioni, che corrode quell’acqua fresca con l'odiosa sensazione di essere sbagliati. Neanche lui sembra sapere con
precisione cosa gli stia accadendo.
“Mi sentivo oppresso” dice "Non c’è un vero motivo per cui li ho uccisi. Mi sentivo un corpo estraneo nella mia famiglia. Ho pensato che uccidendoli tutti mi sarei liberato da questo disagio". Dopo una giornata spensierata tra i gioviali festeggiamenti del compleanno del padre, la famiglia ritorna nella propria villetta a Paderno Dugnano. Fabio quel giorno ha spento le candeline inaugurando i suoi 51 anni. Le sue ultime candeline.
La famiglia Chiaroni era forse troppo stanca e, così, stremata, si abbandona al sonno.
È proprio quella notte, tra il 31 agosto e il 1 settembre, che il 17enne si alza e si scaglia contro il fratellino Lorenzo, di soli 12 anni. La madre arriva nella stanza, cogliendo sul fatto il ragazzo e andando incontro alla stessa sorte. L’ultimo ad entrare in quella buia stanza, macchiata di rosso, è il padre che, in evidente stato di shock, chiede al ragazzo di chiamare i soccorsi. La chiamata, poco dopo, arriva alla centrale, ma Fabio non riesce a sentirla. Anche lui giace inerme sul pavimento, succube di un attacco alle spalle.
“Venite, ho ucciso mio padre” confessa al 118. La sua versione dei fatti non quadra. Lui si ritiene responsabile solo della morte del padre, ma nella casa non erano presenti segni d’effrazione. Si ipotizza fosse intervenuto per difendere la madre e il fratello, anche se in ritardo. Solo dopo un’attenta ricostruzione del delitto, confessa agli inquirenti di aver compiuto un triplice omicidio e aver soppresso tutta la sua famiglia.
“Pochi vedono ciò che siamo, ma tutti vedono quello che fingiamo di essere”, diceva Machiavelli. Nessuno si sarebbe mai aspettato ciò che è successo in quella buia notte. “Era una famiglia normale”, i vicini non hanno mai notato nessun comportamento anormale, anzi descrivono la famiglia Chiaroni come un modello esemplare. I compagni di Riccardo dicono fosse intelligente, divertente e solare.
Alessandro è poco più grande di lui, ha 18 anni e dichiara che è il suo migliore amico. “Non era né schivo, né introverso” e accompagna il suo racconto con alcuni episodi recenti tra Ferragosto e una gita in barca a vela fatta con altri coetanei. Parla di Riccardo come solo un vero amico potrebbe fare. Senza incolparlo o giudicarlo, ma cercando di capirlo, di comprendere come il suo malessere abbia prevalso sulla ragione, inducendolo a fare un qualcosa di cui probabilmente si pentirà per il resto della sua vita. Racconta che il Riccardo che si è reso autore dell’efferato crimine, non è il Riccardo che conosce lui…la rabbia, il dolore repressi che covava lo hanno
trasformato.
Ad oggi il 17enne, colpevole di 68 coltellate sferrate in un lasso di tempo corrispondente a pochi minuti, risiede in un carcere di Firenze, da poco trasferito dal carcere minorile Beccaria di Milano. Condivide la cella con altri suoi coetanei colpevoli dello stesso crimine ed è sotto le cure dello psichiatra dell’istituto. Questa storia tormenterà a vita Riccardo, che, cedendo al proprio istinto interiore, si è sentito rotto, sbagliato in mezzo a tanti, incompreso da tutti. Daniela, Fabio e il piccolo Lorenzo hanno ricevuto l’ultimo saluto il 12 settembre, nella chiesa di Santa Maria Nascente, giorno nel quale è stato indetto un lutto cittadino per la defunta famiglia come segno di cordoglio da parte della cittadina. Ad accompagnare le esequie della famiglia, la citazione di Jim Morrison “Nessuna notte buia potrà impedire al sole di sorgere”.
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