Keith Haring: il messaggio dell’umanità
- Il Napoletano Espanso
- 20 giu 2022
- Tempo di lettura: 2 min
Aggiornamento: 19 lug 2023
di Paolo Calandra

Keith Haring è spesso associato alla figura di street artist, un writer, un americano imbevuto di fumetti e di pop, minimizzando così la grandezza della sua arte.
Pensiamo a quel ragazzetto magro e occhialuto come giovane rivoluzionario contro le infamie dell’America anni 80’ ma, in realtà, Keith Haring è molto più che un semplice ribelle.
La sua arte cela, infatti, un mondo di pensieri ed un’idea sulla società alquanto filosofica, la quale fa del suo creare un atto universale e della simbologia delle sue opere la celebrazione di virtù e di diritti inviolabili sempre attuali.
Se Warhol aveva cercato la propria arte nella tecnologia e nel consumismo, Haring allarga i propri orizzonti in un certo senso riducendoli: indagando nella gente comune, prendendo come modello coloro che gli stanno intorno. Egli è vicino alla gente più diversa, dagli abitanti dei bassifondi ai ricchi dei grattacieli, ne capiva le sfaccettature e le rendeva grandi, celebrandole in un’arte espressiva e fortemente umanista.
Haring allora sintetizza o forse amplifica le personalità e la cultura dei newyorkesi nella figura di un uomo comune, stilizzato da poche pennellate, ma così armonioso e perfetto da divenire simbolo universale. Un pittogramma antropomorfo, una sagoma senza volto, capace di rappresentare tanto il singolo quanto l’intera umanità.
Dunque, quegli uomini senza faccia, nella loro anonimìa, divengono simboli di lotta, di riscatto e denuncia contro lo sfruttamento e la sottomissione, riguardo l’abuso di droga, del neoliberismo, dell’armamento nucleare, dell’AIDS e della società stessa. Ma sono soprattutto occasioni di riflessioni, un’attenta analisi sulla condizione dell’uomo attraverso i valori che esso eredita e porterà con se eternamente.
L’arte di Haring è il riscatto dell’uomo trascurato dal previo consumismo, che era stato modello della pop art e bestia feroce nell’America degli anni 60’, che ora è f sovrastato da un umanesimo spietato, il quale impone l’uomo come punto focale della società.
Haring in realtà non è stato un artista che ha cercato di prendere le distanze dall’arte storicizzata: al contrario, si è mosso con consapevolezza nel solco della tradizione, senza mai concentrarsi su una corrente specifica per guardare invece all’arte nella sua complessità, proponendosi come testimone e innovatore delle previe forme artistiche.
Il giovane statunitense celebra infatti l’antropocentrismo in tutta la sua pienezza ed imperfezione; credeva che, fino alla fine, l’Artista avrebbe dovuto opporsi strenuamente alla disumanizzazione del pianeta.
«Io penso che l’artista contemporaneo abbia una responsabilità verso l’umanità. Deve continuare la sua celebrazione; deve opporsi alla disumanizzazione della nostra cultura».
Così l’arte diventa una vera e propria responsabilità per l’Artista: essa è il suo contributo al mondo, è un messaggio che libera l'anima, favorisce l'immaginazione ed incoraggia la gente ad andare avanti.
Arte è il dovere di rappresentare la voglia di rivalsa delle minoranze su una società omologatrice, dove, di fronte al terrore per una società sempre più disconnessa dalla sua umanità e sempre più connessa alla rete, al capitalismo e ai falsi dei della modernità, ognuno è minoranza in quanto uomo. Il messaggio di Haring, infatti, esplicitato in un’estetica pop distinta da qualunque caso precedente o contemporaneo, era destinato a diventare nel tempo il messaggio dell'umanità tutta.
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